AGRUMI DI SICILIA

21 settembre 2016

AGRUMI DI SICILIA…sono il manifesto estetico della Sicilia, il profumo sensuale vagheggiato da poeti e viaggiatori, il luccichio tra i rami evocato da pittori e romanzieri, il vanto dei sollazzi arabi.

Fecondi, gravidi di succo, luminosi. Gli agrumi. «Le arance dell’Isola sono simili a fiamme brillanti tra rami di smeraldo, e i limoni riflettono il pallore di un amante che ha trascorso la notte in lacrime per il dolore della lontananza», scrive nel 1160 il poeta siculo-arabo Abd ar-Rahman. «Splendon tra le brune foglie arance d’oro», gli fa eco sette secoli dopo Goethe, uno che si era innamorato dell’aria di quaggiù tanto da dire che l’Italia, senza la Sicilia, «non lascia alcuna immagine nell’anima».

Peccato che le distese di alberi fitti stiano scomparendo drammaticamente. Secondo i dati Istat, ripresi da Coldiretti, negli ultimi 15 anni si è volatilizzato il 50% dei limoni, il 31 % degli aranci e il 18 % dei mandarini. In totale, un terzo dei terreni. Al posto degli agrumeti, distese di cemento, parchi eolici o fotovoltaici, o alberi abbandonati dai contadini che hanno gettato la zappa alle ortiche. Strangolati da compensi da fame: nel 2016, annus horribilis delle arance (colpevole anche il clima asciutto che ha ridotto le dimensioni dei frutti e il tristeza virus che ha attaccato le piante), le industrie di trasformazione hanno pagato ai coltivatori prezzi irrisori. Chi ha comprato il prodotto fresco, per lo più catene della grande distribuzione, non ha fatto altro che “strozzare” gli agricoltori.

Allarme allora. Allarme rosso. Già, l’Sos parte dal Nord. Da quel Nord che paga un bicchiere di spremuta anche 5 euro – la stessa che per un coltivatore siciliano vale 3 centesimi – da quel Nord che vede negli agrumi siciliani un miraggio del caldo, dorato, vitaminico, mediterraneo Sud. ”Gli agrumi non producono solo frutti ma che costituiscono l’anima del paesaggio siciliano“.

Un’anima minacciata dall’avanzata del cemento, da politiche comunitarie più vocate al sussidio che all’intervento strutturale, ma soprattutto dalla concorrenza estera: alla Spagna, pure patria storica degli agrumi, si aggiungono oggi Tunisia, Marocco, Turchia, forti di costi di produzione bassissima. Allora addio. Addio alle lumìe di Pirandello, ai limoni dipinti da Renato Guttuso, allo stupore di Stendhal, la cui sindrome per la bellezza sembrava arrivare anche dagli agrumeti. «Esiste davvero un Paese dove alberi così meravigliosi crescono in piena terra?», si chiedeva, lui abituato a vederli d’inverno dentro una serra.

L’unica risposta possibile sembra la QUALITA’. Che fa rima con tipicità. «Stiamo lavorando per collegare sempre più strettamente le produzioni ai nostri territori – spiega Federica Argentati, presidente del distretto Agrumi di Sicilia, che raccoglie i produttori – valorizzando le produzioni di eccellenza, cioè i prodotti Igp, quelli Dop, le coltivazioni biologiche che rappresentano ormai il 40% del totale. Vogliamo puntare sul brand degli agrumi di Sicilia. C’è l’arancia rossa, quella di Ribera, il limone di Siracusa, il limone Interdonato di Messina, il mandarino tardivo di Ciaculli, il limone dell’Etna. Ogni frutto una storia, una peculiarità, un metodo di coltivazione, un paesaggio».

Di sicuro chi oggi a Palermo cerca la mitica Conca d’oro si vedrà indicare un centro commerciale. Della distesa di arance intorno alla città è rimasto solo il nome.

Detto questo l’invito è rivolto a tutti, Sicilani e non.. ogni giorno con le nostre azioni costruiamo il futuro ed abbiamo un’arma molto potente per fare ciò. Tuteliamo le nostre eccellenze, tuteliamo la nostra Terra, non potremmo mai competere con i Paesi Esteri per i prezzi ma lo facciamo nettamente con la qualità, con la freschezza e con la passione.

DIFENDIAMO GLI AGRUMI DI SICILIA…